Riprendiamo le buone abitudini accantonate per la pigrizia della sottoscritta e ri-partiamo con le interviste agli autori! Preferibilmente emergenti, ma giuro che non mi offenderò se volessero un’intervista anche King, o Gaiman, o Baricco…
Sogni a occhi aperti aside, oggi vi presento un autore che sta pubblicizzando il suo primo lavoro. Devo dire che dalle sue parole io mi sono parecchio incuriosita e infatti lo infilo in wishlist (insieme ad altri ottantaseimila titoli. Dove troverò i soldi, only God knows…).
Bando alle ciance e lasciamo parlare Davide:
- Buongiorno Davide e benvenuto sul mio blog! Partiamo subito con i tre aggettivi che meglio ti descrivono per rompere il ghiaccio.
Buongiorno Katiuscia, grazie a te dell’occasione. Te ne dirò tre che giudico positivi: testardo, meticoloso e generoso. Ci sono anche quelli negativi, ma meglio sorvolare.
- Il tuo romanzo, E alla fine c’è la vita, è un intreccio di storie che hanno come fil rouge il rapporto umano. Ce ne vuoi parlare?
Il romanzo narra le vicende di quattro studenti universitari dagli atteggiamenti dissennati e dalla condotta di vita estrema. Da questi comportamenti deprecabili e dall’intreccio fra le vicende morirà la loro adolescenza facendoli rinascere uomini o donne differenti, o almeno credono. Tenteranno di conformarsi alla società, che li vuole perdenti e rassegnati, soffocando i loro estremismi e uccidendo il loro passato. Non tutto però avviene come ci si aspetta…
- C’è una storia, o un personaggio, particolarmente vicino a te?
Direi che l’ambientazione, a Pavia, mi riguarda direttamente, visto che ho frequentato quell’università. Ogni personaggio in qualche tratto ha ereditato delle mie caratteristiche, qualcosa di narrato è stato preso dalla realtà e modellato per essere inserito. Il resto è tutto molto lontano dalla mia vita, da come ho vissuto io il mio periodo universitario e dalla maggior parte delle sue problematiche. Una cosa la condivido con i protagonisti: il timore e le incertezze verso il futuro.
- Oltre al tema dei rapporti, ne troviamo altri significativi? Qualcosa in merito all’ambiente universitario?
L’assenza di un futuro per questi ragazzi. Il vivere alla giornata, con la continua ripetizione dei fatti, degli avvenimenti, come se fosse un rituale alcolico o tossico, nasconde una mal celata paura per l’incerto, per la società, per i dogmi e le responsabilità. Ingannare la realtà attraverso gli abusi sembra preservarli, ma non è così, gli espone maggiormente. Sono infinitamente tristi, anche quando le situazioni fanno sorridere o si rendono ridicoli. Sono fragili e probabilmente ne sono consci.
- Questo lavoro è un’unione tra le tue grandi passioni, cinema e letteratura. Le sceneggiature sono profondamente diverse dai romanzi, hai trovato difficoltà nella stesura?
No, perché in realtà per il mio esordio ho scelto una strada differente, per la quale sono anche stato criticato, ma almeno ci ho provato. Ho voluto unire i due generi: la struttura è quella della sceneggiatura, con una narrazione improntata sui dialoghi, con l’accentramento dei personaggi, lasciando al lettore piena libertà di immaginazione e immedesimazione, e descrizioni minimali, volutamente. Tanti fotogrammi che come in una sequenza cinematografica ti accompagnano durante la narrazione.
- Passiamo alle domande meno serie, fuori dalla scrittura… chi sei?
Lavoro in un’industria farmaceutica, da tre anni convivo con Sara, che mi aiuta nella revisione dei miei scritti, abito in una cittadina meravigliosa per la sua tranquillità e vivibilità, Vercelli, amo viaggiare, lo sport, il cinema appunto, ma anche la pittura e l’arte in genere.
- E parliamo di cinema: regista preferito?
Regista straniero direi Tarantino, senza ombra di dubbio, ma anche Roger Avary, anche se ha fatto poco. Italiani contemporanei Sorrentino e Garrone, sono i migliori, ma anche i Manetti Bros sono bravi. Andando indietro nel tempo Pasolini, Fellini, Lucio Fulci, Mario Bava… Potrei star qui delle ore.
- Sei in cerca di ispirazione, cosa fai?
Ascolto musica, guardo film, vado a mostre,.leggo molto. Nel caso abbia in testa già un’idea cerco di approfondirla attraverso ricerche e letture. insomma vivo la mia idea.
- Torniamo seri per la domanda che sto ponendo a tutti gli autori. Stato dell’editoria italiana. Come siamo messi? Cosa facciamo, per migliorare la situazione?
L’editoria in sé non è messa male, per quello che ho potuto constatare in prima persona, il problema sono i lettori che mancano. Purtroppo la realtà è che oggi siamo in troppi a scrivere per pochi lettori, per cui non tutti gli scritti vengono valorizzati e portati all’attenzione del pubblico. Un altro capitolo andrebbe aperto sulle possibilità effettive che vengono date agli autori indipendenti ( piccole case editrici, auto pubblicati, editoria a pagamento) di farsi conoscere. Sono fondamentali i blog come il tuo, ma dovrebbe esserci più vicinanza da parte delle librerie, cosa invece che noto esser sempre più rara. Io svolgerò diverse presentazioni, da Milano a Padova, passando per Parma. Il libro parla di Pavia, secondo voi farò una presentazione nella città? Ad oggi non c’è una data, e sinceramente la cosa mi rattrista…
- Finiamo con la marchetta del tuo libro, perché acquistarlo?
Si tratta di un romanzo differente, dalla struttura diversa e dal ritmo coinvolgente. Ho cercato di non censurarmi durante la scrittura, ho voluto raccontare delle storie borderline e mi sembra di esserci riuscito. Vi divertirà, vi commuoverà, vi sorprenderà e vi farà arrabbiare. In tutto questo, dietro a tutti questi avvenimenti, la vita, che rimane l’unico filo conduttore di ogni esistenza.
Concludiamo con il LINK d’acquisto, come di rito quello dell’editore. Ricordatevi, quando potete, di fare acquisti diretti e tagliare gli intermediari.
Sono sempre bellissime le tue interviste
Ma grazie mille!